L’olio di Ercolano

Dopo duemila anni il sito archeologico non smette di sorprendere

Tutti conosciamo la storia di Ercolano e Pompei, le due cittadine campane coinvolte nel 79 DC nella terribile eruzione del Vesuvio che seppellì i due interi paesi sotto tonnellate di ceneri e lapilli.
Se dal lato puramente umano quell’eruzione rappresenta un’immane tragedia (si stimano circa 2000 vittime, ma chi sopravvisse perse tutto), dal punto di vista storico ed archeologico tutta l’area occupata dalle due città è una vera miniera di conoscenza, di reperti inestimabili, una vera fotografia dell’esatto momento storico in cui avvenne il disastro.
Il Parco Archeologico di Ercolano e quello di Pompei sono infatti due aree uniche non solo nel panorama della Storia antica del nostro Paese, ma un caso unico a livello mondiale.
Si sono conservate intere abitazioni complete di suppellettili. Perfino cibo (datteri, pane, olive, noci), seppure carbonizzato, è arrivato integro nella sua forma fino ai nostri giorni. Inoltre si sono conservate pressoché intatte anche le sagome delle vittime: hanno trovato la morte sotto la coltre di ceneri che ne ha però conservato per secoli le forme e la posizione, restituendoci tramite i famosi “calchi” anche un po’ della vita di quelle persone.
Non stupisce quindi che tanta abbondanza di straordinari reperti provenienti da duemila anni fa sia continuo oggetto di studio da parte di esperti provenienti da tutto il mondo, oltre che stupefacente ed unico museo aperto al pubblico, con milioni di visitatori.
Quello che stupisce è che dopo secoli Ercolano e Pompei ci riservino ancora sorprese.
È accaduto infatti che Alberto Angela, figlio del notissimo Piero ed erede del ruolo paterno di “divulgatore superstar”, durante i preparativi di un documentario in onda in questi giorni sulle reti Rai e dedicato proprio a Pompei, si sia imbattuto in un reperto incredibile, mimetizzato nei magazzini dell’area archeologica fra migliaia di altri reperti, ma la cui importanza, non solo storica, è davvero enorme.

Si tratta di una bottiglia in vetro soffiato, ancora sigillata, ed al cui interno è presente un abbondante residuo del suo contenuto originale: quasi sicuramente olio d’oliva, proveniente dall’aera di Ercolano.
La bottiglia, miracolosamente sopravvissuta alla furia dell’eruzione, era stata già notata in epoca borbonica, ma nuovamente dimenticata fino a quando Alberto Angela non l’ha notata in un deposito.
L’analisi al carbonio 14 permetterà a breve una datazione certa del reperto, che sarà sottoposto a studi anche per determinare le caratteristiche del suo contenuto.
Intanto la “riscoperta” è valsa al noto personaggio la nomina ad “Ambasciatore del Mann (Museo Archeologico Nazionale di Napoli)”, per il grande contributo alle attività di scoperta e divulgazione “da lui effettuate per il Museo e per la cultura italiana”.

 

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